Adozione e affido. Don Gentili (CEI) chiede un cambio di passo. Nello spirito di Amoris Laetitia

L’articolo apparso su Vita Pastorale di luglio 2019, sottolinea la positiva esperienza della Family House di Ai.Bi.

Un cambio di passo per affido e adozione. A chiederlo, con un bell’articolo apparso sul numero di luglio 2019 di Vita Pastorale, è anche don Paolo Gentili, responsabile della Pastorale Famiglia della CEI – Conferenza Episcopale Italiana.

Un articolo così bello che riteniamo necessario riportarlo, integralmente, di seguito.

Un solo sorriso miracolosamente strappato alla disperazione di un bambino abbandonato, che ricomincia a vivere, ci spiega l’agire di Dio nel mondo più di mille trattati teologici”. Così Francesco, in una catechesi, dava risalto alla generosità di un papà e una mamma che stringono in un abbraccio un bambino senza famiglia. Come sottolinea l’Amoris Laetitia, “la scelta dell’adozione e dell’affido esprime una particolare fecondità dell’esperienza coniugale, al di là dei casi in cui è dolorosamente segnata dalla sterilità”. In realtà, molti coniugi coltivano questo sogno nel cuore, che permane anche se cominciano a nascere i figli. Purtroppo i costi, le pastoie burocratiche e la scarsità di aiuti, hanno finito per mortificare un desiderio così bello. Gli iter nazionali di adozione sono una via crucis. E, anche per bambini piccolissimi negli orfanotrofi, si protraggono talmente a lungo da condannarli a restare senza una vera casa. I percorsi internazionali costano, fra viaggi e altri oneri, decine di migliaia di euro e per le famiglie sono percepiti come un’utopia.

La scelta dell’affido è delicata ed esige distacco e disponibilità che pochi riescono ad avere. C’è da mantenere i contatti con i genitori biologici, e spesso si tratta di relazioni complicate. Può capitare di vedersi togliere il bambino, perché magari la mamma naturale è rientrata dal carcere, o sono mutate le condizioni. Qualche passo in più si è fatto, dando di recente la possibilità alla coppia affidataria di ottenere, in casi specifici, l’adozione definitiva del bimbo accolto. Tutti questi itinerari hanno bisogno di un cambio dipasso e di un maggior gioco di squadra tra Tribunali minorili, assistenti sociali, psicologi e pedagogisti. Le stesse associazioni che accompagnano le famiglie avvertono un senso di scoraggiamento. Eppure, proprio con l’associazionismo, spunta qualche raggio di sole.

A Milano nel 2015, grazie alla donazione di una vedova siciliana, a opera di Ai.Bi. è sorta la Family House, una sorta di “clinica per la cura dell’abbandono. Oltre a due comunità mamma-figlio, c’è una culla per la vita, dove possono ricevere le prime cure i bambini abbandonati, insieme a una serie di servizi per le famiglie adottive. Interessante è l’innovativo Spazio neutro Beniamino, per l’incontro tra i genitori e i figli allontanati momentaneamente. Bambini e adulti hanno ingressi separati; gli operatori possono osservare tramite uno specchio unidirezionale i comportamenti dei genitori in contesti assolutamente quotidiani. Su adozione e affido occorre un impegno di tutti per un’inversione di tendenza.

Come dice l’Amoris Laetitia, “coloro che affrontano la sfida di adottare e accolgono una persona in modo incondizionato e gratuito, diventano mediazione dell’amore di Dio che afferma: ‘Anche se tua madre ti dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai’“. E come dice Francesco, “un solo uomo e una sola donna, capaci di rischiare e di sacrificarsi per un figlio d’altri, e non solo per il proprio, ci spiegano cose dell’amore che molti scienziati non comprendono più”.