Chaouki (Pd) “Come contrastare il crollo delle adozioni internazionali? Puntare su dialogo tra addetti ai lavori e migliorare il lavoro della CAI”

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Il calo delle adozioni internazionali deve far riflettere in generale su sistema di accoglienza del nostro Paese attraverso questo importantissimo strumento di tutela dei minori abbandonati nel mondo. Il dialogo tra i vari addetti ai lavori è il presupposto essenziale per una visione rinnovata”. E’ chiaro e diretto  il deputato del Pd Chaouki Khalid (Pd), che commenta così il calo delle adozioni internazionali  registrato in Italia solo a partire dal 2011 in controtendenza rispetto ad altri Paesi come Francia, Spagna e Stati uniti in crisi invece dal 2006.

Il deputato Chaouki, autore di una proposta di legge  sulla riforma delle Adozioni internazionali che giace in Commissione giustizia della Camera, entra nel merito portando avanti una riflessione su quelle che possono essere le cause del calo italiano “non adducibile ad una crisi globale”.

Mentre infatti (come dimostra il grafico) gli altri Paesi (Francia, Spagna e Stati Uniti) dal 2006 al 2011 sono in caduta libera, l’Italia, in controtendenza si conferma come fiore all’occhiello dell’accoglienza con picchi in positivo proprio dal 2008 al 2011.

Per Chaouki “Il sistema italiano delle adozioni internazionali, che in passato era stato capace di portare da noi più di 4mila bambini all’anno, oggi presenta ampi margini di miglioramento”.

Ma soprattutto quello che evidenzia il deputato del Pd è che “l’attuale calo dei numeri non può essere riconducibile al calo che in altri Paesi era già in atto mente l’Italia continuava a crescere, proprio grazie alla sua vocazione specifica di accoglienza: siamo il secondo Paese al mondo per numero di adozioni ma dobbiamo lavorare ancora meglio migliorando il lavoro della Commissione per le Adozioni Internazionali, rinforzando gli accordi bilaterali con i Paesi d’origine dei bambini e tenendo sempre come faro ed obiettivo principale il benessere del fanciullo”.

Dichiarazioni che trovano conferma nei numeri. Se dal 2006 al 2011 in Francia si è passati da 3.977 minori adottati nel 2006 a 1995; in Spagna da 4.472 nel 2006 a 2573; negli Stati Uniti da 20.679 a 9.320 mentre in Italia, in controtendenza da 3188 a oltre 4 mila. Insomma mentre gli altri scendevano, l’Italia saliva: nel Bel Paese si registra, dunque, negli stessi 5 anni un trend in assoluta controtendenza.

Come mai Francia, Spagna e Usa dal 2006 al 2011 c’è crisi e non in Italia? Secondo l’Istituto francese di studi demografici (Ined), alla base del trend negativo a livello globale le ragioni sarebbero riconducibili al miglioramento del tenore di vita nelle Nazioni a basso reddito, la riduzione del numero di orfani, la maggiore diffusione della contraccezione e l’attenuazione delle nascite “illegittime” che avrebbero portato a una generale diminuzione dei bambini abbandonati e quindi anche di quelli adottabili. A rimanere nel “circuito” delle adozioni, quindi, secondo l’Ined, sarebbero rimasti quasi soltanto i bambini “speciali”: affetti da qualche forma di patologia, con un’età superiore ai 6 anni oppure in gruppi di fratelli. Ma a giudicare dai dati positivi registrati in Italia queste cause non hanno influito sull’ andamento delle adozioni internazionali nel nostro Bel Paese. Anzi, proprio negli anni della crisi (2006- 2011) in controtendenza  rispetto al resto del mondo, l’Italia  viveva il periodo di suo massimo splendore, con rispettivamente 4.130 e 4.022 piccoli accolti.

Il problema degli ultimi 3 anni evidentemente risiede altrove: in una cattiva gestione della Commissione Adozioni Internazionali e in una totale mancanza di forza propulsiva da parte della componente politica della Cai. La fase calante è iniziata con la presidenza Cai dell’allora ministro Andrea Riccardi per arrivare poi all’attuale Cai, caratterizzata da una gestione personalistica, accorpamento delle cariche di presidente e vicepresidente in una sola figura, paralisi dell’apparato burocratico della stessa Cai, mancata risposta alla decine e decine di richieste degli Enti Autorizzati per aprire nuovi Paesi, mancata convocazione di tavoli-Paese per affrontare congiuntamente, come sempre fatto in passato, i vari problemi dei diversi Paesi, dalla mancanza di missioni  congiunte  nei Paesi di origine. Lo sfascio dell’adozione internazionale in Italia sta quindi proprio in queste disfunzioni.