Kafala. Cassazione: visto di ingresso anche ai cittadini italiani che hanno accolto un minore in kafala

kafalaaaaFinalmente depositata in questi giorni di settembre la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione sulla kafala, che ha stabilito il seguente principio di diritto: “Non può essere rifiutato il nulla osta all’ingresso nel territorio nazionale, per ricongiungimento familiare, richiesto nell’interesse del minore cittadino extracomunitario, affidato a cittadino italiano residente in Italia con provvedimento di kafalah pronunciato dal giudice straniero, nel caso in cui il minore stesso sia a carico o conviva nel paese di provenienza con il cittadino italiano, ovvero gravi motivi di salute impongano che debba essere da questi personalmente assistito”.

Il quesito che la Corte era chiamata a risolvere era quello sulla possibilità o meno di estendere anche ai cittadini italiani che avessero a carico un minore extracomunitario in seguito a un provvedimento di kafala il diritto di ottenere il visto per il ricongiungimento familiare che – già da tempo sappiamo – era stato finora riconosciuto dalla Cassazione stessa solo ai cittadini stranieri, escludendo analogo diritto ai richiedenti italiani o che avessero comunque la cittadinanza italiana. Il dubbio nasceva dal fatto che la normativa italiana in tema di ricongiungimento familiare (TU immigrazione) consente di considerare la kafala un “legame” idoneo a ottenere il visto per i soli stranieri, per i quali esiste una precisa norma che contiene un elenco più ampio delle persone da poter ricongiungere. Per il cittadino italiano invece, il minore in kafala non era considerato compreso nella definizione di “familiare” (secondo le norme del decreto 30/2007 di attuazione della direttiva europea sulla circolazione e il soggiorno in Europa dei cittadini comunitari e i loro familiari).

La Cassazione ha giustamente osservato come il differente trattamento tra stranieri e italiani nel rilascio dei visti, violi prima di tutto il principio del superiore interesse del minore (art. 3 convenzione CRC) e come non sia legittimo discriminare i minori in kafala rispetto ad altri minori stranieri solo perché provengono da paesi di diritto islamico.

Ecco dunque la novità: secondo la Cassazione una interpretazione restrittiva delle norme sul ricongiungimento che escludesse in via assoluta la possibilità per il cittadino italiano di ottenere il ricongiungimento con il minore extracomunitario affidatogli in kafala sarebbe contraria alla Costituzione. Inoltre, osservano i giudici, anche nel caso dell’affidamento familiare in Italia, il minore pur non essendo legato giuridicamente agli affidatari, è inserito nello stato di famiglia delle persone che se ne prendono cura temporaneamente. Dunque la kafala, che peraltro ha una durata ben più stabile dell’affidamento (dura fino ai 18 anni) è certamente da considerarsi idonea a ricomprendere i minori nello stato di famiglia delle persone che lo hanno “a carico”.

Sì, quindi, secondo la Cassazione, al visto per l’ingresso in Italia a seguito di kafala giudiziale in applicazione dell’art. 3 comma 2 lettera a) del decreto legislativo n. 30/2007. Dunque in tre casi: 1) quando il minore straniero è “a carico” del cittadino comunitario nel paese di provenienza (dunque quando è “a carico” secondo la legge del paese di provenienza), 2) quando minore e richiedenti hanno convissuto nel paese di provenienza del minore (dunque quando esistono legami affettivi fra minore in kafala e genitori kafil) e, ancora, 3) quando il minore deve essere assistito per “gravi motivi di salute” dai cittadini comunitari in forza di un provvedimento pronunciato da un tribunale straniero. Tra l’altro la Cassazione ha giustamente sottolineato che in legislazioni come quella del Marocco è prevista una valutazione delle coppie richiedenti, le quali devono essere sposate da almeno tre anni.

Ed ecco la parte forse più rilevante di questa sentenza tanto attesa per Ai.Bi. che da anni si batte per il riconoscimento della kafala e per la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori: i giudici delle Sezioni Unite della Cassazione , la sezione più autorevole della Suprema Corte, hanno dichiarato “è evidente che la ratifica della convenzione da parte dell’Italia avrebbe risolto e, comunque, risolverebbe per il futuro, tutti i problemi interpretativi e applicativi oggetto delle precedenti decisioni della Corte”.

Si scopre peraltro che la sentenza è stata scritta nel luglio 2012, mentre oltre un anno è passato solo per il deposito in Cancelleria, a conferma della scarsa attenzione che l’Italia riserva ancora ai diritti dei minori, posto che si tratta di una sentenza che avrebbe consentito e consentirà di entrare in Italia a tanti bambini in kafala che vivono l’incubo di non potersi ricongiungere con i genitori kafil.