L’affaire Congo: se il Ministro Kyenge avesse ragione? I conti non tornano

kyenge_200E se il Ministro Kyenge avesse la sua parte di ragioni? S’iniziano a chiarire i contorni della vicenda riguardante le coppie italiane bloccate in Repubblica Democratica del Congo: se fino a ieri, certe affermazioni da parte del Ministro per l’Integrazione e Presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali apparivano poco chiare (“alcune famiglie italiane si sono recate nella Repubblica Democratica del Congo, indipendentemente dall’indicazione dell’Ambasciata italiana”, ha riferito venerdì 13 alla Camera), oggi le tessere del puzzle, incastrandosi fra loro, forniscono un quadro più lineare della situazione.

Esiste infatti un documento ufficiale, vistato dalla Direction Gènèrale de Migration in data 1 ottobre 2013, intitolato “Lista dei dossier approvati dal Comitato Interministeriale per il Monitoraggio delle Adozioni Internazionali”, dove compaiono i nominativi di 55 coppie autorizzate, americane, belghe, francesi e italiane, comprese le due famiglie italiane che, a differenza di tutte le altre, hanno già fatto rientro in Italia con i loro bambini.

Per quale motivo – ci si è chiesti – la Kyenge accusava le famiglie (e con esse, gli Enti Autorizzati) di essere partite senza autorizzazione?

Ebbene, da un primo raffronto fra questo documento (reso a suo tempo consultabile presso gli uffici della DGM), con il numero e i nominativi delle 24 coppie italiane presenti attualmente a Kinshasa, emerge una discrepanza: 8 di loro, infatti, non dovrebbero trovarsi in Congo. Che sia su questo profilo di irregolarità che si è dunque innestato il blocco da parte delle autorità congolesi? A questo punto, è lecito domandarselo.

Quel che è certo è che – ragione o meno – la Kyenge, di ritorno dalla missione in RDC, i primi di novembre, doveva necessariamente aver preso visione del documento, e su quello avere intavolato le trattative per la risoluzione del caso. “E’ stato confermato che le pratiche di adozioni italiane che hanno ottenuto l’autorizzazione da parte del Comitato Interministeriale (circa 35) andranno tutte a buon fine” si legge sulla comunicazione pubblicata in quell’occasione sul sito ufficiale del Ministero per l’Integrazione. “E’ stato assicurato che tutte le coppie di italiani che erano bloccate a Kinshasa da un paio di mesi avrebbero ottenuto immediatamente l’autorizzazione di uscita per i loro figli, il che è effettivamente avvenuto.

Dichiarazioni trionfali, dunque; come sia andata a finire, poi, è sotto gli occhi di tutti.

Fra le coppie autorizzate presenti nella lista ufficiale delle 55 e attualmente in Congo, figurano anche le sei assistite da Amici dei Bambini, che dunque sarebbero perfettamente in regola. Non solo: fra quelle che avrebbero avuto diritto a recarsi nel paese africano per adottare  i propri figli, ci sono altre sei famiglie di Ai.Bi., che invece sono state costrette a rimanere in Italia. Padri e madri che – se venissero confermate le irregolarità all’origine del blocco – avrebbero molto da recriminare.

Sul caso, che sta assumendo risvolti drammatici, Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi., rivolge un invito al Ministro Kyenge affinché “non faccia quindi di tutta l’erba un fascio, e chiarisca le effettive responsabilità di questa discrepanza, probabile causa dello stop intimato dalle autorità congolesi. Certamente” tiene a sottolineare Griffini, “questo non vuol dire abbandonare al proprio destino anche le altre famiglie che hanno conosciuto i rispettivi figli: pertanto, tutte le coppie attualmente in Congo devono poter fare ritorno a casa, ma ci sembra corretto, per motivi di trasparenza e di tutela dei genitori adottivi che si sono rivolti alla nostra Associazione, chiarire ogni aspetto della vicenda.”