Come anticipato nell’articolo di ieri Ai.Bi., Amici dei Bambini ha presentato il 19 luglio 2016 querela penale per il reato di diffamazione contro la campagna portata avanti da L’Espresso con la pubblicazione (venerdì 8 luglio 2016 a firma di Fabrizio Gatti) dell’inchiesta “Congo, italiani ladri di bambini”. Una querela per dimostrare che le 11 pagine de L’Espresso sono “un coacervo di menzogne– si legge nella querela – costruito sulla scientemente falsa costruzione di vicende in realtà svoltesi con modalità ben differenti da quelle indicate”.
Ma perché è iniziata questa campagna diffamatoria contro Ai.Bi.? Ecco, i dettagli. Buona lettura.
Gatti tenta di giustificare l’operato di Silvia Della Monica, vicepresidente della CAI (Commissione adozioni internazionali) e inizia un processo di “beatificazione” del magistrato:sulla base di quello che riporta il giornalista de L’Espresso, se la CAI nel biennio 2014-2016 non ha funzionato, la colpa è di Ai.Bi.
“Nella lettura pressoché agiografica dell’operato dell’ex presidente della CAI – precisa la querela – l’autore dello scritto (Gatti ndr) si spinge a giustificare la condotta della stessa nel corso dell’intero biennio, trascorso senza che la Commissione venisse convocata neppure una volta”.
“In proposito l’autore del brano in esame – continua l’atto – afferma che ‘in questo periodo la presidente della CAI non ha invece potuto riunire la Commissione per le adozioni per evitare fughe di notizie sull’indagine: alcuni membri nominati nell’organo di controllo della Presidenza del Consiglio, infatti, rappresentano direttamente Ai.Bi. attraverso il ‘Forum delle associazioni familiari’”.
Secondo la querela “si tratta di lettura parziale e pretestuosa di quanto accaduto: la Della Monica, per un intero biennio ha gestito la CAI come se la Commissione fosse un organo monocratico e non collegiale, in ciò sorda a ogni lamentela e impermeabile a sollecitazioni e richieste. Ciò avveniva unicamente in ragione di una gestione autoritaria e accentratrice dell’ente e, certamente, non per evitare impensabili ‘fughe di notizie’”. Dunque “sarebbe stato sufficiente non mettere all’ordine del giorno – precisa l’atto – della Commissione argomenti riservati (e che, come tali, i membri dell’organo collegiale non potevano conoscere)”.
Quindi Ai.Bi, secondo la ricostruzione di Gatti, sarebbe responsabile della paralisi della CAI, e per quello che si legge dopo nell’articolo de L’Espresso, avrebbe fatto ritardare l’arrivo dei bambini dalla Repubblica democratica del Congo. In realtà i fatti sono andati ben diversamente.
Silvia Della Monica aveva commesso un errore: “avocare” a sé con un provvedimento illegittimo la gestione delle procedure di adozione avviate nell’interesse di sette coppie, già in carico ad Ai.Bi., adducendo fumose e incomprensibili “necessità di non vanificare l’impegno profuso dal Governo Italiano – precisa la querela –, nella prospettiva di intese che l’Italia e la RDC possono raggiungere e che vedono il diretto interessamento del Presidente del Consiglio”. Infatti il 7 giugno 2014 arriva ad Ai.Bi. la comunicazione ufficiale dell’avocazione delle prime 7 coppie.
Il 20 giugno Ai.Bi. comunica spontaneamente alla CAI quanto avvenuto presso il centro Spd di Goma dove erano spariti fra gli altri anche i 4 bambini adottati da coppie italiane e allegava l’esito delle indagini della polizia locale competente. Di tutta risposta il 23 giugno 2014 senza nessun approfondimento da parte della CAI arriva l’avocazione di altre 17 coppie. A queste due avocazioni farà seguito quella di ottobre relativa alle ultime 26 coppie in carico ad Ai.Bi.
Silvia Della Monica si accorge dell’errore e cerca, di correre ai ripari: il 26 settembre 2014 apre una verifica su Ai.Bi. ma, non ci sono elementi per prendere alcun provvedimento contro l’associazione. I fatti sono quelli già segnalati da Ai.Bi. alla Commissione: non possono essere cambiati.
Ai.Bi. presenta ricorso al Tar del Lazio (Tribunale amministrativo regionale) a novembre 2014, contro i provvedimenti illegittimi per le seguenti motivazioni: eccesso di potere, violazione di legge e travisamento dei fatti.
Ma ormai il danno è fatto: Silvia Della Monica ha avocato le coppie. Come fare ora?
E soprattutto perché si è “limitata” ad avocare le coppie e non ha, invece, sospeso o revocato ad Ai.Bi. l’autorizzazione ad operare?
Silvia Della Monica ha in mano un’ulteriore carta: fare revocare il mandato alle coppie. Ma si deve scontrare con la credibilità di Ai.Bi che è alta. Cerca allora di convincere le coppie chese i bambini non fossero tornati sarebbe stata colpa di Ai.Bi..
“Della Monica sistematicamente abusava del proprio ruolo – dice la querela – omettendo per quasi due anni di convocare la Commissione in sfregio a norme di legge e regolamenti e organizzando, con modalità che eufemisticamente potremmo definire singolari, incontri anche al di fuori delle sedi istituzionali, con le coppie assistite da Ai.Bi, al solo fine di diffamare quest’ultima ventilando agli aspiranti genitori oscuri complotti e ipotizzando la possibilità per questi ultimi di perdere la possibilità di conseguire l’auspicata adozione ove non avessero revocato all’ente il mandato conferito”.
Silvia Della Monica riesce parzialmente nel suo intento: infatti deposita prima dell’udienza le revoche predisposte in serie firmate dalle coppie con l’evidente scopo che l’azione giudiziaria venisse giudicata inammissibile per mancanza di interesse. Tuttavia il Tar non decide e rinvia la decisione ancora oggi attesa.
Ora la vicepresidente della CAI ha le mani libere: deve portare via i bambini dagli istituti congolesi di Kinshasa e di Goma dove si trovano in attesa di ricongiungersi con i genitori adottivi in carico ad Ai.Bi.
Ma fa i conti senza l’oste, cioè senza le autorità locali del RDC. Si affidaa rappresentanti dell’associazione “I Cinque Pani” (in collaborazione con l’associazione locale A.MA.A.MATU).
Il “blitz” per portare via i bambini dagli istituti riesce, infatti, solo a Kinshasa ma non a Goma: qua la vicenda si complica proprioa seguito della denuncia presentata dalla direttrice del Centro Fed a cui, con minacce, era stato intimato di permettere il trasferimento di alcuni bambini ospiti della struttura in palese violazione dell’ordinanza del Tribunale dei Minorenni di Goma del 31 gennaio 2015.
Se non che l’associazione AMAMATU rappresentata da Benedicta Sekamonyo Mujawimana Verdiane, conosciuta sotto il nome di Suor Benedicta Maria, risultava avere realizzato in passato adozioni violando la legge congolese come segnalato dal Presidente del Tribunale per i minorenni di Goma in una comunicazione scritta a tutte le massime autorità del Congo come presunto traffico di minori. Fatti segnalati immediatamente da Ai.Bi alla CAI e subito dopo alla Procura di Milano.
Silvia Della Monica non può certo avviare un’indagine su “I Cinque Pani” e i suoi rappresentanti (ovvero coloro che aveva incaricato di prendere in consegna i bambini).
Che fare allora? Dare tutta la colpa ad Ai.Bi.. Senza mezzi termini Silvia Della Monica, rivolgendosi ai genitori adottivi ex – Ai.Bi (convocati il 5 gennaio 2015 di urgenza a Roma) dice loro: “Se io dovessi perseguire il mio scopo, quello di magistrato, a questo punto lui (Griffini ndr) sarebbe già in galera; ma noi dobbiamo portare i bambini, dobbiamo portare i nostri bambini” A questo punto uno dei suoi più stretti collaboratori, Donatella Piazza, rincara la dose “Se Ai.Bi. non viene tirata fuori dal Congo, la situazione col Congo non si risolve! Perché Ai.Bi ha tutto l’interesse a non fare venire in Italia i bambini”.
Alla fine dell’estate del 2015, la RDC toglie finalmente il blocco ma per Silvia Della Monica potrebbe non essere una buona notizia. Non ha ancora risolto il problema di Goma.
Ma la pressione delle coppie è troppo alta: ed ecco che tenta un’ultima carta. Fare rientrare tutti bambini meno quelli di Ai.Bi. Chiede, infatti, gli originali dei dossier di tutti gli enti operativi in Congo per il rientro dei minori ma non quelli di Amici dei Bambini.
Le voci però corrono, gli altri enti autorizzati informano Ai.Bi. che di conseguenza chiede per ben tre volte alla Commissione, di prendere in consegna anche i propri dossier (il 27 gennaio 2016; il 28 gennaio 2016 e il 29 gennaio 2016)
Alla fine Silvia Della Monica è costretta a ordinare di consegnare i dossier a Padre David della Fondazione Raphael. Ritorna così il problema di Goma : come risolverlo ?
La fortuna ora viene in soccorso a Della Monica. Il cambio al vertice della CAI del 10 maggio 2016, ha portato il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ad assumere la presidenza della Commissione.
E così il Presidente del Tribunale dei minorenni di Goma, opportunamente informato del cambio al vertice, è ben felice di emettere per ogni famiglia l’ordinanza di trasferimento.: e “tutti” i 18 bambini di Goma arrivano in Itala.
I bambini del Congo sono ora rientrati. Silvia della Monica è in grave difficoltà: ha sempre detto che dopo il rientro dei bambini avrebbe preso provvedimenti contro Ai.Bi. Come l’ultimo annuncio, fatto a Firenze l’11 febbraio durante un seminario di settore: “Dopo il rientro dei bambini, convoco la commissione, emetto le sanzioni e me ne vado”. Ma la Commissione non viene convocata neanche ora.
Che fare? Chi potrebbe aiutarla? Due soggetti: Gatti e L’Espresso. Ora il gioco è fatto: la diffamazione mediatica può avere inizio. Gatti inizia il suo lavoro. “La rappresentazione dei fatti prospettata dal querelato – si legge nella querela –, non è semplicemente parziale, ma risulta smaccatamente falsa, venendo riportato non quanto accaduto, ma l’artefatta ricostruzione del dipanarsi dei fatti secondo l’interessata prospettazione di Della Monica”.
Come opera Gatti? Manipola il testo dei nostri documenti e realizza false ricostruzioni. “Vale la pena di evidenziare sin d’ora come questo sia un modus agendi che sarà abituale per gli autori dello scritto in esame, i quali, in tutti i casi in cui documenti ufficiali delle Autorità congolesi smentiscono le tesi propugnate nell’articolo, non fanno altro che insinuare (ovviamente senza offrire alcuna prova) che il redattore del provvedimento che confligge con la fantasiosa ricostruzione proposta da L’Espresso, sia illecitamente compiacente nei confronti di Ai.Bi”.
“Ciò accade – per esempio – anche con riferimento alla presunta definizione, attribuita ad Ai.Bi. del Presidente del Tribunale di Goma – precisa l’atto- quale partner dell’ente: è sufficiente la piana lettura del documento, da cui si vorrebbe tratta tale qualifica, per verificare come il medesimo sia menzionato, modificandone, ad usum delphini, il senso”.
Oppure dando spazio ad una sfrenata fantasia “al solo fine di indurre nel lettore la convinzione dell’esistenza di una lobby a disposizione del querelante – continua -, comprendente magistrati del Paese africano, politici congolesi e italiani, associazioni di genitori e dulcis in fundo, la Conferenza Episcopale italiana, tutti soggetti che il giornalista espressamente conferma essere stati corrotti o, nella migliore delle ipotesi manipolati dal querelante”.
E questo è solo l’inizio…